2 dicembre 2010

Il Teatro Nuovo di Verona ospita "Il malato immaginario" interpretato da Gabriele Lavia

Il malato immaginario - 


Il malato immaginario
di Molière
diretto e interpretato da Gabriele Lavia
Teatro Stabile dell'Umbria, Compagnia Lavia Anagni

Dopo la felice esperienza con L'avaro, Gabriele Lavia torna ad un altro testo simbolo della produzione di Molière, a lui particolarmente congeniale per qualità della drammaturgia e spessore dei personaggi.

Il malato immaginario è una commedia composta nel 1673. Intesa dal suo autore come una farsa, è inframmezzata da intermezzi musicali e balletti giustapposti alla commedia, inseriti all'unico scopo di compiacere i gusti di Luigi XIV, lasciando però intatta la struttura dell'opera.

Da molti ritenuto il capolavoro assoluto del teatro di Molière, Il malato immaginario narra le disavventure di un ipocondriaco Argante, padre di una bella figlia, marito di una donna opportunista e fedifraga e vittima di uno sciame di dottorini-avvoltoi salassatori e ciarlatani. I guai cominciano quando, con un patto di matrimonio arbitrariamente siglato, Argante promette la figlia in moglie ad un giovane quanto babbeo dottorino di fresca laurea, in modo da potersi garantire un sereno (...e gratuito) futuro di consulti e ricette. L'ostilità della figlia, segretamente innamorata di Cléante, e la calcolata ingerenza della moglie, algida esecutrice di un piano truffaldino, finiscono per spingere il povero Argante in una fitta trama di inganni, equivoci, burle e finzioni, giocate - per lo più - sulla sua stessa burbera ed inguaribile ingenuità.

Ipocondriaco sino a rasentare la follia, Argante vive di medici e medicine, spiando ossessivamente in se stesso i sintomi di tutte le possibili malattie. Su questa base scattano i meccanismi classici della commedia: una moglie avida, una figlia il cui amore è contrastato salvo poi trionfare al momento buono in un immancabile lieto fine, un gruppo di untuosi ed infidi dottori che si nascondono dietro grandi paroloni in "latinorum", un fratello savio e una cameriera fedele e astuta come tradizione vuole.

La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiezza identificando di conseguenza il ruolo del Malato con un attore anziano o addirittura vecchio. Ma Molière lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui cinquant'anni che, come Argante, probabilmente ha più paura di vivere che di morire.

Il 17 febbraio del 1673 Molière, che interpretava Argante, portò a termine la rappresentazione di questa commedia nonostante il suo grave stato di salute, morendo infine poche ore dopo.


Fonte: teatrodiroma.net
Fonte immagine: nove.firenze.it

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